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Bigeye
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6269 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 09 aprile 2008 : 04:59:58 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Note biografiche:


Nato a Garlasco, nel Parco del Ticino e laureato in Scienze biologiche.
Ha conseguito il dottorato di Ricerca in Scienze Ambientali.
E' professore associato di Zoologia presso l'Università di Pavia, dove tiene i corsi di Ornitologia ed Etologia, Zoocenosi e Conservazione della Fauna per i corsi di laurea in Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e la Natura.
Svolge attività di Ricerca presso il Dipartimento di Biologia Animale, occupandosi di eco-etologia negli Uccelli, prevalentemente dello studio degli adattamenti antipredatori, delle variazioni intraspecifiche del comportamento sociale e di Biologia della Conservazione.
Collabora con parchi e riserve naturali per lo studio e la conservazione delle popolazioni di Vertebrati terrestri.
Ha pubblicato una grande mole di articoli sulle più prestigiose riviste tecniche nazionali ed estere.


Giuseppe Bogliani
l''Okkione intervista Giuseppe Bogliani
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1)Caro Giuseppe, mi interesserebbe conoscere il tuo parere sullo stato dell’arte dell’ornitologia italiana all’inizio del terzo millennio. Gli ornitologi italiani sono in fase di crescita (sul piano delle conoscenze), in fase inflattiva (sul piano numerico) o alla perenne ricerca di identità?

Una valutazione complessiva e, possibilmente, oggettiva deve basarsi su indicatori oggettivi. Ne utilizzerò tre. 1) Il numero di ornitologi non è cresciuto negli ultimi anni. Credo che la mancanza di progetti coinvolgenti, come lo era stato in passato il Progetto Atlante, giustifichino la differenza rispetto alle tendenze degli anni ’80 e ’90. 2) Le due riviste nazionali principali, Avocetta e Rivista italiana di ornitologia, stentano a raccogliere un numero adeguato di lavori di qualità. Molti appassionati, ma anche qualche professionista, scelgono di pubblicare in italiano su riviste meno esigenti dal punto di vista redazionale; questo, secondo me, denota una scarsa attitudine a mettersi in gioco e a sforzarsi di migliorare lo standard. 3) Il numero degli autori italiani che pubblicano su riviste di livello internazionale è aumentato notevolmente. Questo denota una tendenza a lavorare su livelli molto elevati ed è il risultato dell’ingresso dell’ornitologia nel mondo accademico. In passato, sino agli anni ’60-’70, solo le Università di Pisa, Pavia, Palermo, Parma e Genova avevano ornitologi strutturati. Oggi le cose sono cambiate e gli ornitologi universitari devono competere con altri zoologi che raggiungono valori elevati di professionalità. Alcuni ornitologi italiani sono autorità riconosciute a livello internazionale in diversi settori; soprattutto nelle ricerche eco-etologiche.



2)Appassionati, birders, professionisti, pubblicazioni elettroniche in serie, accademia, mailing list e siti web. A tuo avviso la sinergia tra questi soggetti e media è sufficientemente sviluppata o potrebbe essere maggiormente dinamica e fruttuosa?

Assolutamento no. Se penso all’esperienza molto produttiva della SEO spagnola, che raccoglie ricercatori e conservazionisti e che ha acquisito un’autorevolezza notevole, constato che resta moltissimo da fare. Personalmente sono ornitologo e birdwatcher e non mi sento sminuito dalla collaborazione con gli appassionati dell’osservazione senza scopi scientifici. Rilevo che molti, troppi, svolgono attività fini a se stesse; non solo fra i birdwatcher. Sarà pur vero che la stragrande maggioranza degli ornitologi italiani campa con altre attività, ma ritengo che ciascuno debba sentire come un “dovere sociale” quello di contribuire alla realizzazione di progetti ampi che possano fornire maggiore conoscenza e miglior capacità di conservare la fauna.



3)In questo momento Giuseppe quali sono le ricerche in cui sei impegnato e i progetti in fase di realizzazione a cui dedichi le tue energie e competenze?

Sono convinto che uno dei peggiori difetti di tutti i ricercatori sia quello di concludere qualsiasi ricerca e relazione con il concetto FRIN: Further research is needed. A qualunque committente, parco, riserva o amministrazione, si tende troppo spesso a dire che quel che si è imparato non basta e bisogna andare avanti. L’Italia, o meglio, i cassetti delle amministrazioni italiane, sono pieni di relazioni inutilizzate – in parte per colpa dei committenti- o inutilizzabili – perchè la conclusione non è che un FRIN. In quesi anni mi sono impegnato soprattutto per far fruttare in termini di applicazioni e di trasformazione in atti amministrativi i risultati delle ricerche ornitologiche condotte da me e da altri nel corso di decenni. La realizzazione della ricerca sulle aree prioritarie per la biodiversità nella Pianura padana ( vedi relazione nel sito Link) ha avuto un immediato riscontro nelle decisioni della Giunta regionale di considerare le stesse aree come infrastrutture prioritarie per la programmazione. Analogamente, la sperimentazione di tecniche colturali nelle risaie più appropriate per la biodiversità animale ha avuto come conseguenza l’inserimento di nuove misure nel Piano di sviluppo rurale del Piemonte. Poi, ovviamente, mi appassionano le ricerche sull’ecologia e l’etologia delle specie alle quali sono particolarmente affezionato, come la cornacchia, il tarabuso, i rapaci in generale.



4)La crisi in cui versa l’I.N.F.S. che fatica a trovare una corretta soluzione, a tuo avviso rappresenta il sintomo di un paese a bassa “caratterizzazione naturalistica” o può in parte riflettere le difficoltà di indirizzo dell’Ente e del suo funzionamento recente? La mia opinione è che quali siano le cause, la presenza di un ente centrale con funzioni di indirizzo e coordinamento è assolutamente indispensabile. Forse un’articolazione policentrica e con maggiore apertura all’esterno sarebbe utile, ma servirebbero risorse che in questa fase sembra manchino anche per gli aspetti gestionali ordinari. Dobbiamo tuttavia continuare ad avere un approccio positivo e fattivo. Ma io devo solo fare le domande, pardon.


Condivido il tuo punto di vista. Il fatto che il nostro Paese debba comportarsi in modo unitario nelle azioni di conservazione, com’è ovvio, comporta l’esistenza di un organo di ricerca e consulenza molto prestigioso. Oggi l’INFS lo è. La crisi in cui versa è il risultato dell’assedio cui è sottoposto, non certo dell’incapacità dei suoi ricercatori. In un altro paese civile certi consiglieri d’amministrazione, che hanno fatto di tutto per depotenziare un Ente che avrebbero dovuto sostenere, non sarebbero stati nominati.



5) Vecchia e nuova Sistematica. Splitting continui di specie e gruppi mi pare possano creare una certa confusione anche tra gli addetti ai lavori. Data per buona la tesi che una sistematica moderna non può prescindere da analisi del DNA e da comparazioni di distanze genetiche per separare gruppi (senza però dimenticare gli elementi classici quali oologia, morfometria, comportamento ecc.), non sarebbe opportuno proporre una sorta di moratoria (mettiamo 10 -15 anni) per sedimentare metodi e conoscenze più ampie e verificate e poi costruire il “Sistema nuovo”?


Ma nemmeno per sogno. Le nuove tecniche ci stanno aprendo un mondo sconosciuto. Io non mi spavento se vengo a sapere di sterpazzoline, in Italia, non c’è solo una specie. Anzi, come birdwatcher colgo la sfida e mi sforzo di riconoscere sul campo le nuove specie e sottospecie. Le moratorie sui metodi non possono funzionare. Soprattutto perchè la curiosità è la molla più efficace che spinge un ricercatore. Poi teniamo presente che le tecniche stanno evolvendo a velocità impressionante. Perchè restare indietro? Per non dispiacere ai birdwatcher? Ne conosco alcuni che si divertono come matti con le nuove classificazioni.



6)Anche se gli studi faunistici in Italia sono tuttora prevalenti e la cerchia degli ornitologi “attrezzati” si è allargata non si riesce ad organizzare una task force coordinata a livello nazionale ed articolata su dimensione regionale in grado di monitorare se non tutta l’avifauna italiana (impresa non impossibile) almeno la maggior parte dei taxa ornitici. Io ritengo che ci sarebbero capacità, voglia e motivazione. Come al solito mancano i soldi (verissimo e grave) o siamo anche un pò troppo cani sciolti e pigri?

Tutte queste cose insieme. Certo, se fossimo meno individualisti, se l’INFS fosse messo in grado di funzionare, se...se...
Però teniamo presente che il progetto MITO non ha fallito, che i censimenti invernali IWRB continuano, che il censimento nazionale degli Ardeidi è stato condotto a termine.



7)Gli ornitologi italiani sono stati considerati per troppo tempo dei “paria”, quasi delle schiappe col binocolo a forma di mandolino. Tuttavia mi sembra che la situazione recente sia radicalmente e profondamente cambiata negli ultimi anni. Cosa ne pensi Giuseppe?

Questa storia del mandolino è divertente. Oggi le cose sono in parte cambiate grazie ad alcuni ornitologi rimasti a lavorare in Italia con standard elevati o emigrati all’estero.


8) I Cambiamenti climatici, il global warming stanno mutando il panorama faunistico italiano. Per l’ornitologia, si sono osservati locali incrementi di popolazioni nidificanti in ambiente xerico e svernamenti di specie che normalmente avevano aree invernali in Africa. Sembrerebbe, senza entrare troppo nel dettaglio, e dato per certo che nessuno voglia andare a cercare Corrioni biondi sulle dolomiti di Belluno, che sul breve e medio periodo il riscaldamento possa essere valutato come fattore ecologico positivo per un numero elevato di specie. Cosa ne pensi Giuseppe?


Gli slittamenti di areale si sono sempre verificati nella storia della vita sulla terra. Ciò che sta succedendo ora è diverso, poiché il tutto avviene a velocità notevolmente maggiori e , per di più, in una situazione di ambienti frammentati e nei quali le connessioni fra parcelle dello stesso habitat sono più problematiche. Qualche specie ne trarrà vantaggio, indubbiamente, però non ho un atteggiamento ottimista. Credo che alcune specie di clima più caldo e secco, che potenzialmente potrebbero essere favorite, siano in realtà in fortissima crisi. L’aquila di Bonelli e messa male, il capovaccaio persisterà ancora per pochi anni, il lanario non mi sembra in espansione, la pernice rossa ha uno status sfavorevole. Gli elemente faunistici steppici si trovano ad affrontare anche la distruzione delle steppe e/o l’invasione delle stesse da parte del bosco. Certo, il gruccione si è espanso verso Nord e oggi arriva ad affacciarsi sul canale della Manica, ma la pernice bianca è in forte crisi e temo che nel suo caso anche il riscaldamento globale potrebbe essere chiamato in causa.


9)Ricerca di base e protezione. Mi interesserebbe una tua opinione sul tema in generale. In particolare, l’apporto degli ornitologi alla creazione dei S.I.C. (Siti Importanza Comunitaria) è stato rilevantissimo, tuttavia questo strumento di gestione stenta a decollare, anche se qualche apprezzabile risultato lo abbiamo ottenuto. L’interfaccia ricerca vs. burocrazia è sempre così “terribilmente” insormontabile?

In realtà gli ornitologi hanno contribuito soprattutto alla definizione delle IBA e delle ZPS. Il caso delle IBA, risultato del lavoro della LIPU, quindi di una o.n.g., che ora hanno valore cogente per la definizione delle soglie di accettazione rispetto alla individuazione e perimetrazione della ZPS, la dice lunga. La procedura più corretta sarebbe stata quella di coinvolgere l’intero mondo ornitologico nazionale da parte del Ministero o delle Regioni. Non è stato fatto; allora congratulazioni alla LIPU/BirdLife che ha surrogato i poteri pubblici. Il problema grosso, per la predisposizione dei piani di gestione e la loro attuazione, non sta, secondo me, nell’atrito fra burocrazia e ricercatori. Il problema è che i burocrati vengono condizionati troppo spesso dalla politica. Intendiamoci, in democrazia la politica deve fare il suo lavoro; ma fra i compiti non vedo il condizionamento delle scelte tecniche. Non me la sento di prendermela con la burocrazia anche perchè, qualche volta, sono i ricercatori stessi che si autocensurano non accettano di difendere le loro convinzioni, basate su dati oggettivi.


10)Per finire Giuseppe e per dare uno spunto agli appassionati e agli ornitologi più giovani, quali sono a tuo parere le linee di ricerca maggiormente trascurate in Italia, quali quelle più urgenti e che a tuo avviso non meritano ulteriore dilazione?

Innanzittutto, a un giovane raccomanderei di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Se un giovane ha una passione, la coltivi. Poi scelga un percorso di studio adeguato. Consulti amici e conoscenti più grandi; s’informi con compagni già avanti con gli studi e poi scelga l’università che gli sembra adatta. Se la sua famiglia lo può mantenere agli studi, s’impegni e studi, studi, studi. Poi scelga bene al momento della tesi e faccia una bella selezione delle offerte. Parallelamente, impari a stare sul campo. Oggi, per un giovane ornitologo, il fatto di saper riconoscere bene i canti degli uccelli è un elemento di professionalità rilevante. È quasi un mestiere. Se può farlo, viaggi e frequenti stazioni di ricerca in altre regioni e all’estero. E legga riviste internazionali di qualità, non solo le riviste italiane, pur molto utili per farsi un quadro locale.


11)Ringraziandoti di cuore a mio nome e di tutta Natura Mediterraneo, vuoi aggiungere qualche valutazione finale a margine?

La zoologia è una disciplina bellissima. Il fatto di restringere le proprie passioni e gli interessi ai soli uccelli può essere limitante. Spesso, gli uccelli sono utlizzati come indicatori ambientali efficaci. Questo va bene solo in parte. La natura ci offre molti altri stimoli che vanno colti. Quindi, va bene la specializzazione, ma guardiamoci in giro e cerchiamo di apprezzare, comprendere e valorizzare tutti gli aspetti che l’ambiente ci offre.


Angelo okkione Meschini














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