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Bigeye
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6269 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 11 giugno 2008 : 11:46:09 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Note biografiche:



Nato a Spoltore (Pescara) nel 1955, sin da ragazzo ha sviluppato un forte interesse per gli uccelli e per la conservazione della natura. Nel novembre 1979 ha conseguito la Laurea con lode in Scienze Naturali presso l’Università degli Studi di Parma con una tesi sulla migrazione nell’Isola di Montecristo. A partire dal 1979 ha acquisito competenze nello studio della migrazione presso il gruppo del Prof. Peter Berthold al Max-Plank-Institut, Vogelwarte Radolfzell. Dal 1982 è ricercatore presso l’INFS e dirigente di ricerca dal 1995. Dall’assunzione è responsabile del Centro Nazionale di Inanellamento (CNI). Dal 1982, il numero di inanellatori è passato da 60 agli attuali 365, gli inanellamenti annuali da 60.000 ad oltre 200.000. E’ stata sviluppata una banca dati informatizzata con oltre 4 milioni di inanellamenti e 165.000 ricatture. Ha organizzato corsi di inanellamento ed introdotto esami di valutazione degli aspiranti inanellatori. Ha inaugurato l’organizzazione di convegni degli inanellatori, con una partecipazione media di circa 250 persone. Quale responsabile del CNI ha rappresentato l’INFS in seno all’EURING; nel 1987 è stato eletto nel Consiglio Direttivo, e negli anni 1995-2005 è stato Presidente EURING. L’EURING riunisce 38 Centri nazionali di inanellamento ed oltre 10.000 inanellatori. Presso l’INFS si è impegnato nel comprendere il ruolo dell’Italia nel sistema migratorio Paleartico-Africano e fornire solide basi scientifiche alle politiche di conservazione. Ha svolto attività di ricerca e consulenza su migrazione degli uccelli, gestione e conservazione dei migratori, applicazione delle direttive internazionali, svolgendo attività di consulenza anche a livello UE. Dal 1995 al 2006 è stato responsabile dell’Area di ricerca “Centro Nazionale di inanellamento e monitoraggio dell’avifauna italiana”. Convinto sostenitore del potenziale di progetti di inanellamento coordinati per la comprensione di problematiche complesse legate allo studio della migrazione, ha lanciato alcuni progetti internazionali. Ha ideato e coordinato dal 1988 il Progetto Piccole Isole (PPI), sulla migrazione primaverile nel Mediterraneo. Il PPI ha visto il coinvolgimento di 46 stazioni in 7 Paesi e l’inanellamento di 700.000 uccelli, grazie al contributo di 700 inanellatori. I risultati del progetto hanno anche consentito l’identificazione di aree di importanza internazionale per gli uccelli e l’istituzione di aree di tutela. Insieme a ricercatori del Museo di Trento ha contribuito al lancio, nel 1997, del Progetto Alpi, con una rete di oltre 30 stazioni italiane e l’inanellamento di oltre 170.000 migratori autunnali. Il progetto ha consentito di individuare alcuni tra i passi alpini della massima importanza per la migrazione. Tra il 1997 ed il 2005 ha ideato e coordinato il Progetto Rondine EURING (ESP), con l’inanellamento di oltre 1 milione di Rondini da parte di 500 inanellatori appartenenti a 25 Paesi in Europa, Africa ed Asia. Il progetto ha consentito la localizzazione di numerose aree di ingrassamento e svernamento e la descrizione di strategie di migrazione prima sconosciute. Tra gli incarichi internazionali, rappresenta l’Italia nel Comitato Scientifico della Convenzione di Bonn. Negli anni 1998-2004 è stato rappresentante del Governo Italiano nello Scientific Working Group del Comitato U.E. ORNIS, nell’ambito del quale è stato anche membro del gruppo di lavoro ristretto sugli aspetti scientifici dell’applicazione della Direttiva Uccelli; dal 2007 è nuovamente membro di questo comitato. Nel 1989 è stato selezionato dall’IWRB per il posto di Assistant Director a Slimbridge. Dal 1990 è componente del Comitato Ornitologico Internazionale (IOC). E’ stato membro dei comitati scientifici del XXII e XXIV International Ornithological Congress (Durban, 1998; Hamburg, 2006). Ha presieduto lo Scientific Program Committee del XXIII IOC (Beijing, Cina, 2002). E’ chairman del Nomination Committe dell’IOC e dello IOC Standing Committee on Bird Marking. Nel 1997 ha organizzato a Bologna il primo congresso della European Ornithologists’ Union (EOU); ha rappresentato l’Italia nel Comitato Direttivo EOU. E’ stato membro del Comitato Scientifico del “Progetto Network” della Fondazione Europea delle Scienze sulla migrazione dei Passeriformi e del Comitato Direttivo del Programma “Ottimizzazione nella migrazione degli uccelli”. E’ stato membro del Comitato Editoriale del “Birds of the Western Palearctic Update”. Dal 2004 è inserito nell’albo nazionale dei Direttori di Parchi e Riserve. Ha pubblicato oltre 120 lavori scientifici. Tra le riviste internazionali sulle quali ha pubblicato: American Journal of Physiology, Auk, Behavioural Ecology, Biological Journal of the Linnean Society, Climate Research, Ecology Letters, Ibis, Journal für Ornithologie, Journal of Avian Biology, Journal of Experimental Biology, Journal of Ornithology, Journal of Zoology, Ostrich, Ringing and Migration, Science, Wildlife Biology. E’ stato relatore invitato in 53 congressi internazionali





Fernando Spina
L''Okkione intervista Fernando Spina
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1) Caro Fernando, mi interesserebbe conoscere il tuo parere sullo stato dell’arte dell’ornitologia italiana all’inizio del terzo millennio. Gli ornitologi italiani sono in fase di crescita (sul piano delle conoscenze), in fase inflattiva (sul piano numerico) o alla perenne ricerca di identità?


Credo la scienza ornitologica abbia indubbiamente fatto grandi progressi, negli ultimi decenni, in quanto a livello scientifico di base. Ciò è particolarmente vero relativamente ad una serie di gruppi di ricerca che hanno portato il nostro Paese alla ribalta anche nel contesto più ampio dell’ornitologia internazionale. Al tempo stesso temo si sia persa, in parte, l’entusiasmo legato al volontariato nell’ornitologia. Molte sono le ragioni, diverse delle quali legate all’evoluzione della società italiana, che vedono i giovani appassionati forse meno disponibili di quanto non fossimo, ad esempio, quelli della mia generazione ai tempi, nel contribuire volontariamente alla raccolta di dati. Un’eccezione indubbiamente positiva in tale contesto è indubbiamente rappresentata dalla comunità, crescente sia in termini quantitativi che qualitativi, degli inanellatori italiani; si tratta infatti ormai di circa 430 titolari di autorizzazione e di oltre 300 aspiranti a diversi gradi di esperienza che, in maniera prevalentemente volontaria, contribuiscono alla raccolta di dati per uno sforzo medio pari, su base annuale, a circa 25.000 giorni/uomo sul campo!


2) Appassionati, birders, professionisti, pubblicazioni elettroniche in serie, accademia, mailing list e siti web. A tuo avviso la sinergia tra questi soggetti e media è sufficientemente sviluppata o potrebbe essere maggiormente dinamica e fruttuosa?

A mio avviso la situazione potrebbe – e dovrebbe – essere decisamente migliorata. Manca infatti, in Italia, un sistema di acquisizione dati via web che consenta a chiunque lo voglia di offrire il proprio piccolo o grande contributo al monitoraggio dell’ambiente basato sugli uccelli quali indicatori. Forse si potrebbe – e dovrebbe – fare di più per raggiungere un efficiente coordinamento scientifico delle attività ornitologiche, ruolo questo che in parte svolge il CISO, ma forse non ancora appieno.



3) In questo momento Fernando quali sono le ricerche in cui sei impegnato e i progetti in fase di realizzazione a cui dedichi le tue energie e competenze.


Ormai da 25 anni sono impegnato nel coordinamento del Centro nazionale di inanellamento (CNI), cercando di renderlo quanto possibile moderno ed al passo con i tempi (anzi, cercando per quanto possiamo anche di precorrerli, ed a volte persino con qualche successo!). Cerco in particolare di far comprendere il grande potenziale che l’inanellamento solamente può rivestire per il monitoraggio dell’ambiente attraverso gli uccelli in un Paese, quale l’Italia, così importante non soltanto nel corso della riproduzione ma anche, e spesso ancor più, in quelle di migrazione e svernamento, queste ultime caratterizzate da problematiche notevoli di bassi indici di contattabilità, risolvibili proprio attraverso la cattura, il marcaggio e l’immediato rilascio degli individui censiti. Proseguo nel coordinamento del Progetto Piccole Isole, giunto ormai al suo 21° anno di realizzazione, attraverso il coinvolgimento ormai di centinaia di inanellatori nel Mediterraneo. Insieme ai miei colleghi sono impegnato nel completamento dell’Atlante Italiano della Migrazione, con l’analisi di oltre un secolo di informazioni di spostamenti di uccelli inanellati, per un totale di oltre 165.000 dati relativi a più di 300 specie. Speriamo che i due volumi possano vedere la luce entro la fine di questo anno. Insieme al Museo di Trento contribuisco al coordinamento del Progetto Alpi, in questo caso relativo alla migrazione autunnale attraverso la catena alpina. Anche questo progetto si basa su una rete di stazioni ampiamente distribuite sul versante italiano delle Alpi. Presso il CNI realizziamo inoltre analisi applicate dei contenuti della nostra vasta banca dati, ricca ormai di informazioni relative ad oltre 4 milioni di uccelli inanellati. Proseguo nel monitoraggio delle popolazioni di Aldeidi e Mignattino piombato in Val Campotto. A livello internazionale ho lasciato i miei ruoli pregressi in seno all’EURING ed ho contribuito al lancio, in seno al Comitato Ornitologico Internazionale, di un gruppo di coordinamento delle attività di inanellamento su scala globale.


4) La crisi in cui versa l’I.N.F.S. che fatica a trovare una corretta soluzione, a tuo avviso rappresenta il sintomo di un paese a bassa “caratterizzazione naturalistica” o può in parte riflettere le difficoltà di indirizzo dell’Ente e del suo funzionamento recente? La mia opinione è che quali siano le cause, la presenza di un ente centrale con funzioni di indirizzo e coordinamento è assolutamente indispensabile. Forse un’articolazione policentrica e con maggiore apertura all’esterno sarebbe utile, ma servirebbero risorse che in questa fase sembra manchino anche per gli aspetti gestionali ordinari. Dobbiamo tuttavia continuare ad avere un approccio positivo e fattivo. Ma io devo solo fare le domande, pardon.


La situazione gravissima nella quale versa, ormai da troppo tempo, l’INFS, è davvero argomento complesso. Credo essa sia però sintomatica di quanto avviene in un Paese come il nostro, il quale da un lato promulga una legge che prevede tutta una serie di impegnativi compiti per un ente che è Organo dello Stato, prevede a tal fine per quest’ultimo un forte potenziamento dell’organico, per poi vedere l’organico del medesimo Ente ridotto, i finanziamenti strutturali, già in origine del tutto insufficienti, anch’essi progressivamente decurtati, in un contesto di progressiva mancanza di indirizzo e di chiarezza circa l’effettiva opportunità di avere un Ente come l’INFS a livello di strategie ambientali del Paese. Gli ultimi anni hanno, nel contempo, reso progressivamente più evidente l’importanza, ad esempio per la corretta applicazione delle norme comunitarie, di dati di monitoraggio quali quelli contenuti nelle banche dati dell’INFS (pur con tutti i loro limiti, comunque le più importanti del Paese per numerosi gruppi sistematici). Il nostro Ente può contribuire in maniera positiva e concreta alla necessaria ed urgente maggiore conoscenza della situazione faunistico italiana. Un approccio scientifico oggettivo ai diversi aspetti di conservazione e gestione delle popolazioni rappresenterebbe, inoltre, anche la soluzione ai problemi che originano da posizioni tanto polarizzate quanto spesso primariamente emozionali le quali caratterizzano, ad esempio, la questione venatoria in Italia. Spero ancora che il nostro Paese decida con chiarezza e convinzione di considerare con attenzione queste esigenze e problematiche; poi sarà possibile, ove necessario, riconsiderare le modalità di potenziamento dell’INFS le quali rimangono, comunque, urgentemente necessarie. Ciò metterebbe l’INFS anche in condizione di poter, come noi fortemente desideriamo da tempo, mettere ancor più efficacemente a disposizione informazioni, reti di rilevamento, competenze, nei confronti anche degli utenti esterni, intesi nel senso più ampio del termine.




5) Vecchia e nuova Sistematica. Splitting continui di specie e gruppi mi pare possano creare una certa confusione anche tra gli addetti ai lavori. Data per buona la tesi che una sistematica moderna non può prescindere da analisi del DNA e da comparazioni di distanze genetiche per separare gruppi (senza però dimenticare gli elementi classici quali oologia, morfometria, comportamento ecc.), non sarebbe opportuno proporre una sorta di moratoria (mettiamo 10 -15 anni) per sedimentare metodi e conoscenze più ampie e verificate e poi costruire il “Sistema nuovo”?


Questa domanda va forse rivolta a chi, molto più di me, sia addentro nelle problematiche della moderna sistematica. Resta il fatto che la conoscenza in Natura dell’ecologia e del comportamento degli uccelli dovrebbe rimanere, a mio avviso, un tassello della massima importanza anche per decidere in merito alle classificazioni sistematiche, spesso soggette forse troppo anche ad approcci culturali.




6) Anche se gli studi faunistici in Italia sono tuttora prevalenti e la cerchia degli ornitologi “attrezzati” si è allargata non si riesce ad organizzare una task force coordinata a livello nazionale ed articolata su dimensione regionale in grado di monitorare se non tutta l’avifauna italiana (impresa non impossibile) almeno la maggior parte dei taxa ornitici. Io ritengo che ci sarebbero capacità, voglia e motivazione. Come al solito mancano i soldi (verissimo e grave) o siamo anche un pò troppo cani sciolti e pigri?


Rimando a quanto ho prima già accennato; serve un più efficiente coordinamento nazionale, che parte da un processo compartecipato di selezione delle priorità di monitoraggio e conservazione. Se posso giudicare dal caso degli inanellatori, sono molto soddisfatto di poter confermare come gli italiani si caratterizzino per una grande capacità, riconosciuta da tempo anche a livello internazionale, di lavorare insieme in grandi progetti coordinati, basati su metodologie standardizzate. Escluderei quindi qualsiasi considerazione legata a nostre eventuali difficoltà a lavorare in squadra, semmai il contrario!



7) Gli ornitologi italiani sono stati considerati per troppo tempo dei “paria”, quasi delle schiappe col binocolo a forma di mandolino. Tuttavia mi sembra che la situazione recente sia radicalmente e profondamente cambiata negli ultimi anni. Cosa ne pensi Fernando?


In base alla mia esperienza, e di nuovo mi riferisco, non sorprendentemente, all’inanellamento, mi assumo la responsabilità di dire che gli inanellatori sono in assoluto tra i meglio preparati, da un punto di vista tecnico, a livello internazionale. Forse 25 anni fa venivamo visti come quelli “con l’anello al naso”, ma i tempi sono, fortunatamente, cambiati già da un pezzo, per fortuna!



8) I Cambiamenti climatici, il global warming stanno mutando il panorama faunistico italiano. Per l’ornitologia, si sono osservati locali incrementi di popolazioni nidificanti in ambiente xerico e svernamenti di specie che normalmente avevano aree invernali in Africa. Sembrerebbe, senza entrare troppo nel dettaglio, e dato per certo che nessuno voglia andare a cercare Corrioni biondi sulle dolomiti di Belluno, che sul breve e medio periodo il riscaldamento possa essere valutato come fattore ecologico positivo per un numero elevato di specie. Cosa ne pensi Fernando?


Dipende tutto dalla prospettiva; è indubbio che ci saranno specie che si avvantaggeranno (e questo sta già accadendo, come tu citi) dal riscaldamento globale, ma molte saranno quelle che non saranno in grado di adattarsi ai mutamenti semplicemente per ragioni di rapidità di questi ultimi, alla luce del tempo necessario alla selezione per agire introducendo le necessarie modifiche comportamentali/ecologiche. Le risultanze che lo scorso anno, sulla base delle lunghe serie di dati di inanellamento primaverile sull’Isola di Capri, abbiamo pubblicato su Science hanno evidenziato, per la prima volta, effetti di micro-evoluzione causati dal mutamento climatico sulla base genetica del calendario di partenza degli uccelli dall’Africa in primavera. Questo conferma quanto il mutamento sià già profondamente in atto, e quanto rapidamente gli uccelli si sforzino per adattarsi ed esso. Temo comunque, nel complesso, che i vantaggi per alcune specie non potranno compensare gli stravolgimenti ecologici che si abbatteranno sulle comunità animali e sulla biodiversità in generale in conseguenza del mutamento climatico. Ancora una volta l’uomo mostra appieno la sua cecità.



9) Ricerca di base e protezione. Mi interesserebbe una tua opinione sul tema in generale. In particolare, l’apporto degli ornitologi alla creazione dei S.I.C. (Siti Importanza Comunitaria) è stato rilevantissimo, tuttavia questo strumento di gestione stenta a decollare, anche se qualche apprezzabile risultato lo abbiamo ottenuto. L’interfaccia ricerca vs. burocrazia è sempre così “terribilmente” insormontabile?


Non necessariamente; in particolare anche una serie di applicazioni delle norme comunitarie nei confronti di mancate azioni di monitoraggio di tali aree in Italia ha contribuito a far comprendere a tutti, ed in primis agli Amministratori, l’imprescindibile necessità di avere a disposizione reti di rilevatori per soddisfare tali richieste, stante altrimenti la certezza di attivazione di costose procedure di infrazione di fronte alla Corte di Giustizia. Spero che queste situazioni di emergenza possano contribuire a creare rapporti di fiducia e collaborazione risultati finora non sempre facili da attivare.



10) Per finire Fernando e per dare uno spunto agli appassionati e agli ornitologi più giovani, quali sono a tuo parere le linee di ricerca maggiormente trascurate in Italia, quali quelle più urgenti e che a tuo avviso non meritano ulteriore dilazione?

Monitoraggio integrato di popolazioni legate ad ambienti particolarmente a rischio, conoscenza approfondita dei parametri demografici delle popolazioni italiane, migliore comprensione del ruolo ecologico delle diverse tipologie ambientali del nostro Paese per gli uccelli nel contesto del sistema migratorio Paleartico-africano. Vi sono poi linee di ricerca molto nuove per il nostro Paese quanto affascinanti ed interessanti da un punto di vista applicativo, quali l’endocrinologia ambientale applicata agli uccelli.



11) Ringraziandoti di cuore a mio nome e di tutta Natura Mediterraneo, vuoi aggiungere qualche valutazione finale a margine?


L’ornitologia italiana offre tuttora spazio per chi abbia il coraggio di seguire una sua passione profonda, senza fermarsi troppo a riflettere sui vantaggi immediati dei suoi singoli passi lungo un sentiero che è, indubbiamente e purtroppo ancora oggi come qualche decennio fa, stretto e tortuoso.





Angelo okkione Meschini




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