E’ mattina, sono ancora a letto, ad occhi chiusi. In lontananza, ovattati, si sentono i richiami delle mamme ai bimbi in strada : Peppinooooo, Salvatoreeeeee. Cani che abbaiano, ambulanze, strombazzi di clacson, venditori ambulanti motocarrozzati con megafoni, botti prodromici della grande follia dell’anno nuovo, della nuova speranza. Sono ridiventato il Salvatore diciottenne che pensa cosa farsene del futuro, quale strada prendere, stare o andare, vivere senza progetti o seguire percorsi più sicuri ma altrettanto sicuramente lontani da qui. Un animo inquieto combattuto tra domande senza risposta, voglia di fare e impossibilità di fare. Questa città mi opprime, voglio scapparmene via, questa città mi mancherà da morire......
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I ventisette anni trascorsi altrove si materializzano sotto forma di Eleonora che mi fa aprire gli occhi saltellandomi sulla pancia, questa piccola immagine di me stesso sorridente e paffutella mi fa comprendere che l’immancabile tuffo nel passato, ogni volta che ritorno a Napoli, dura poco, per fortuna.
Ci prepariamo ed usciamo. Direzione Centro. La metropolitana è tranquillamente frequentata, a sorpresa una voce molto professionale preavvisa in perfetto italiano e, per qualche improbabile turista avventuratosi a Scampìa, in inglese, le prossime fermate.
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. Sgorghiamo dalle viscere di piazza Dante e ci infiliamo sotto port’Alba. Una moltitudine di bancarelle ricolme di libri ci ipnotizza tutti e quattro, ognuno per i suoi interessi. La piccola per il settore favole e principesse, Alessio con gli esperimenti di volo, Carmen per ricami e ricette, io per la storia della città e le tradizioni,
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circondati da uno stimolantissimo profumo di pizza che proviene da poco lontano. La pizza da un euro, piegata a portafoglio e divorata passeggiando tra resti di mura greche..
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...e palazzi cinquecenteschi (Palazzo Firrao)
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Siamo parte della natura - Salvatore
Modificato da - Salvatore Caiazzo in data 01 febbraio 2007 01:16:11
...artigiani, doratori e antiquari, gelosi conservatori di secoli di polvere. Passiamo davanti al Conservatorio di San Pietro a Majella, cinque secoli di storia musicale sedimentata dietro l’androne in un vicoletto, dove si trovano Stradivari e scritti autografi di Mozart, e nell’aria gli atomi di Paisiello, Cimarosa, Donizetti, il crogiuolo che ha forgiato Muti. Di fianco l’editore Colonnese, un negozio che è una bomboniera ripiena di meraviglie librarie. Le austere forme di San Giorgio Maggiore scorrono sulla destra e ci dirigiamo verso la cappella del Pontano e il campanile della Pietrasanta.
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La via dell’Anticaglia ci accoglie tra rumori e profumi e olezzi, pasticcerie e pescivendoli con vasche di capitoni vivi, baccalaiuoli e sfogliatelle fianco a fianco, la mitica micropizzeria di Sorbillo, tanto cara al nostro Lorenzo, di fronte gli archi che furono del teatro romano e che vide Nerone in veste di cantore applaudito da una nutrita schiera di adulatori pagati..
Poco più avanti a sinistra, la chiesa “D’’e ccape ‘e morte” detta così per i teschi a tibie incrociate in bronzo posti su colonnine di basalto. Già, il basalto, “’A lava” , ci camminiamo sulla lava, siano essi lastroni, resi pericolosamente lucidi e scivolosi dall’acqua dei capitoni e dallo scalpiccio, che a forma di cubetto, detto: “cazzimbocchio”. Eccoci finalmente in piazza San Gaetano,
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, il centro del centro del centro. Alle spalle del Santo che non le braccia aperte, e volgendo gli occhi verso il cielo sembra dire: “Patatè, miettice ‘a mana toia” (Signore, imponi la tua mano), troviamo la chiesa di San Paolo Maggiore, sorta sui e con i ruderi del tempio di Castore e Polluce che da qualche migliaio di anni già occupava quel posto, poi usurpato dal cambiamento di moda religiosa.
possiamo ammirare dall’alto via san Gregorio Armeno (di San Gregorio ci sono le reliquie nella chiesa detta di Santa Patrizia, gioiello barocco, il Papa ne portò un frammento anche nel suo viaggio in Armenia), la cosiddetta “strada de’ Pastorari”. Tuffarsi dentro quell’umanità multiforme e variegata, alla ricerca del soggetto bramato, il san Giuseppe, il Bambinello, il pezzo di sughero, la casarella, gli infiniti orpelli e accessori, frutta, bottiglie, inferriate, insomma tutto ciò che ha creato l’uomo in scala uno a cento, duecento, trecento….. è un’esperienza intraducibile a parole.
...e qualche metro sotto le migliaia di scarpe, l’antico erario della città, un forno da pane millenario identico a quello odierno per le pizze, le fondamenta romaniche di una chiesa riedificata nelle forme duecentesche. E più sotto ancora di una quarantina di metri, le viscere delle viscere di Napoli, gli antichi acquedotti dall’acqua cristallina, le caverne ricavate dall’estrazione del tufo, pietra primaria da costruzione di tutto il centro storico, fin dai tempi dei greci. Vi ho già raccontato questi particolari? Per me sono ogni volta nuovi e affascinanti, scusatemi. Ecco l'arco ogivale dell'abside di S. Lorenzo Maggiore
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Attraversato il caratteristico campanile a ponte sulla strada (genialità suggerita dalla mancanza di spazio e dalla necessità di collegare i due edifici separati dal vicolo), ci portiamo all’incrocio con Spaccanapoli, la strada che taglia di netto, partendo dalla collina, la città in due tronconi, e ne percorriamo l’alveo. A destra il Corpo di Napoli, statua raffigurante il Dio Nilo, di fresco restauro dopo secoli di incuria, sembra finta, tanto si era abituati a vederla ricoperta di erbe e muschi.
La piazza San Domenico Maggiore ci accoglie al volgere della sera con le splendide illuminazioni della guglia e della basilica dai ricchissimi interni, di fronte il profumo delle sfogliatelle di Scaturchio è un richiamo olfattivo troppo forte per resistere.
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Ricaricati dagli zuccheri di buon passo raggiungiamo Santa Chiara,
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poi il Gesù Nuovo, dove indico a Carmen gli strani segni incisi nel bugnato di quello che fu il magnifico palazzo dei Sanseverino, ed una interessante rassegna presepiale contemporanea.
E’ ormai ora di tornare, i bimbi sono ben cotti, il nostro tour del centro anche quest’anno siamo riusciti a completarlo, tante volte ripetuto, eppure non riesco a saziarmene. Tornando in piazza Dante veniamo accolti dalla illuminazione serale...
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..che trasforma le statue dell’emiciclo in una colorata sequenza di pose plastiche, forse hanno un po’ esagerato… Domani si va al Museo Archelogico Nazionale.
Trattengo il fiato mentre leggo per meglio sentire gli odori di questa città che ho visto solo un paio di volte, ma che si è infiltrata nel mio essere profondamente. Forse te l'ho già detto Salvatore, ma uno dei miei grandi sogni sarebbe di visitare Napoli con te da guida, lasciando che i tuoi ricordi e la tua sensibilità animano ancora di più le vie eloquenti già per sé.
Sarah
"... mi rendo conto anche che non possiamo vincere questa battaglia per salvare specie e ambienti senza creare un legame emozionale tra noi e la natura, poiché non lotteremo per salvare ciò che non amiamo (ma che apprezziamo solo in qualche senso astratto) ... dobbiamo fare spazio alla natura nel nostro cuore." (S. J. Gould)
Ho letto con grande interesse e "tutto d'un fiato" il tuo reportage. Mi hai riportato indietro negli anni quando anch'io ho avuto il grande piacere di "assaggiare", per diverse volte, i sapori ed i colori di Napoli, così efficacemente descritti. Anche se la vita ti ha portato a vivere altrove, l'amore per la propria terra, ancestralmente evidente, è una grande ricchezza. Complimenti Salvatore!
Salvatore.......che ti posso dire se non COMPLIMENTI!!!!!. Dopo un simpatico inizio all'"Amarcord",....questo racconto di immagini e narrazione si sviluppa ...e ben presto coinvolge chi come me non conosce la città e si è fatto una idea della stessa ben diversa. Onore e lode al foto-poeta !!!
Salvatore, so che il mio paese d'origine (Eboli, SA) è piuttosto distante da Napoli, per non parlare di Bologna dove attualmente vivo, ma ho comunque dei vaghi ricordi che mi legano a questa bella città, avendola spesso e ovviamente visitata soprattutto da bambino, essendo il luogo di origine di mia madre. Grazie, quindi, per avermi fatto percepire ancora vecchi sapori e caratteristici odori di antichi vicoli, che il tempo non riuscirà mai a cancellare del tutto dalla mia mente.
Carmine
Dare un nome agli organismi che osserviamo, identificarli, riconoscerli, è innanzitutto un esercizio che appaga l'innato desiderio di scoperta e conoscenza, insito nell'animo umano (Fontana - Cavallette, grilli, mantidi e insetti affini del Veneto).
Allora tieniti pronto, Salvatò, che prima o poi....
Carmine
Dare un nome agli organismi che osserviamo, identificarli, riconoscerli, è innanzitutto un esercizio che appaga l'innato desiderio di scoperta e conoscenza, insito nell'animo umano (Fontana - Cavallette, grilli, mantidi e insetti affini del Veneto).
Grazie a Sarah che mi ha svelato questo piccolo documentario, grazie a Salvatore che l'ha realizzato: questa Napoli dove la cultura si accavalla a ritmo incalzante come si accavallano le varie dinastie che si sono avvicendade. Scavi e trovi la Napoli borbonica, non finisci e già sei nel vicereame austriaco e poi in quello spagnolo, e poi gli aragonesi, i durazzeschi, gli angioini, gli svevi, i normanni, e la Napoli ducale,quella romana e quella greca... quante Napoli, quante stratificazioni, quanta cultura... e quando sei fuori Napoli, sai che c'è la monnezza, c'è la camorra, ci sono i mandolini e le canzonette, c'è...c'è... ma quando ci sei dentro tutto è sparito, tutto si vanifica... ti accorgi che sei solo in un crogiolo di cultura dalle mille sfaccettature. l'ammazzi, Napoli risorge; la calunni, ti affascina; ne parli male, ti dimostra tutto il meglio di se; la odi, ti ama... milioni di persone hanno parlato di Napoli. Si sono trovati d'accordo sull'unico clichet (o si dice cliscè?) della denigrazione e della calunnia...ma quando si associa Napoli alla cultura è impossibile che due persone riescano a dire le stesse cose tanta è la varietà degli argomenti da trattare e tante sono le risposte che Napoli sa dare. voglio citare solo un esempio: Cappella sepolcrale di Raimondo Di Sangro,VII principe di S.Severo (uno dei più grandi filosofi, letterati, scenziati dell'illuminismo purtroppo molto poco conosciuto) dove al centro di questo intenso complesso barocco è posto il "Cristo velato" del Sammartino, opera che regge il confronto dei grandi maestri della scultura nazionale, ignorato dal mondo (tanto è tutta roba napoletana). ebbene, in una trasmissione televisiva di qualche anno fa, non avendo che dire sull'impareggiabile tecnica scultorea (si ha l'impressione della trasparenza del marmo che lascia intravedere al disotto le sembianze del Cristo), nota la preparazione di chimico del principe, fu addirittura avanzata l'ipotei che si sia trattato di un processo, da lui messo a punto, di marmorizzazione di un cadavere coperto da un comune velo di stoffa. E' il colmo. nin
Un bravissimo a Salvatore e Ninocasola! Mi associo in tutto!Salvatore, scopro per caso, solo oggi, questo capolavoro di itineraro "zompettando! quà e là per il Forum.
Io e soprattutto mia moglie siamo due non napoletani che amano Napoli. Quando possiamo cerchiamo di trascorreci i finesettimana. Grazie a voi per avercili fatti rivivere.
Mario
Volgi gli occhi allo sguardo del tuo cane: puoi affermare che non ha un'anima? (Victor Hugo)
Se conti di trascorrere un week end settembrino....magari "ci facciamo" una pizza insieme. A Ninocasola....meno male che il Cristo Velato....non lo passano come "pezzottato" dai cinesi!